• Maurizio Garuti ha il merito di aver fuso in un romanzo due storie, diverse ma strettamente collegate: quella del mondo agrario del secondo Ottocento, ed il dramma dell'omicidio di Ruggero Pascoli, il fattore romagnolo padre del poeta Giovanni. Era il 1867.
    Quindi questo testo, "Il segreto della cavallina storna", lo dobbiamo conservare come prezioso documento, steso con attenta cronaca psicologica dei protagonisti, a cui appartiene per ovvi, indiretti (o direttissimi?) motivi lo stesso autore. Che a scuola in prima media, richiesto dalla prof di Italiano di un parere sui celebri versi "Anche un uomo tornava al suo nido / l'uccisero...", trema e grida: "È stato mio nonno Silvestro! È stato lui a uccidere il papà di Giovanni Pascoli" (p. 138).
    La prof lo crede affetto da un attacco febbrile: era soltanto la verità amaramente conquistata dalla famiglia, lungo anni ed anni di racconti e ricerche.
    La bisnonna, 29 anni, scoperta a cogliere grano nel campo del vicino, è ricattata dal fattore, che la mette incinta. Nasce una bimba che muore ancora in fasce. Poi il fattaccio del 10 agosto, per vendicare l'onore della famiglia.

    Archivio Pascoli su Riministoria


  • Il 18 gennaio 1919 don Luigi Sturzo fonda il Partito popolare dei cattolici. Il 23 marzo nascono a Milano i fasci di combattimento, poi Partito nazionale fascista (novembre 1921). A maggio Gramsci crea la rivista «Ordine nuovo», attorno a cui gravita il nucleo dei socialisti di sinistra che nel 1921 ispirano la scissione comunista.
    A Rimini si organizza, il 10 aprile 1919, il primo nucleo dei fasci di combattimento, due anni prima del movimento in sede cittadina. Tra i fondatori c'è anche l'anarchico interventista Luigi Platania. Il 19 maggio 1921 alle 23,45 egli (31 anni) è ucciso alla stazione ferroviaria di Rimini, dove lavorava come guardasala.
    Figlio maggiore di una famiglia modesta venuta dal Meridione, è stato anarchico ed ha partecipato alla guerra di Libia, guadagnandosi una medaglia d'argento. Nella grande guerra, come sergente maggiore dei fucilieri, è stato il primo decorato con medaglia d'argento al valor militare. È rimasto mutilato ed è stato decorato con due croci di guerra e tre medaglie d'argento al valor militare. Quando (luglio 1920) è andato a fuoco il Grand Hotel, è intervenuto a spegnere le fiamme, guadagnandosi una medaglia d'argento ed un premio di mille lire.
    Tra i fascisti è tra i più accesi, fedele al suo temperamento. «Vivace, inquieto, impulsivo, generoso, coraggioso» lo definisce Flavio Lombardini. Su di lui correvano «voci di misfatti compiuti a Cesena e a Pesaro». Era considerato anche «il responsabile morale delle prepotenze fasciste nella città e nel circondario». Nel corso della «settimana rossa» (1914), quando gli anarchici tennero Rimini in stato di terrore, Platania venne visto «correre lungo la via XX settembre con una cassaforte sulle spalle e dirigersi verso la città». Con lui è individuato anche Carlo Ciavatti. Ma Platania si sarebbe impossessato da solo del contenuto della cassaforte, ricevendo da Ciavatti la minaccia: «Faremo i conti». Frase che Platania si sente ripetere dai più duri tra gli anarchici concittadini quando, con altri quattro compagni di fede, parte per il fronte nel 1915.
    Liliano Faenza è contro l'ipotesi del delitto politico: in base alla testimonianza di una donna, Maria Lombardi, è accusato «un giovane bruno e snello», come lei dice, individuato in Guerrino Amati, anni 24, arrestato a San Marino, dove si è rifugiato dopo che il 27 giugno 1920 ha sparato, ferendolo, al commissario di Pubblica sicurezza di Rimini, Pio Maldura.
    Per il delitto della stazione è incolpato in un secondo momento (primavera del 1923), quel Carlo Ciavatti che nella «settimana rossa» sarebbe stato complice di Platania nel furto della cassaforte. Ciavatti non poteva essere responsabile dell'omicidio: nella tragica sera del 19 maggio, lui era stato al cinema Fulgor, e di ciò aveva i testimoni. Ma Ciavatti si dichiara colpevole: perché? Al processo sostiene di aver confessato «per umanità». Quando la Lombardi conferma le sue accuse contro Amati, Ciavatti le si rivolge con la qualifica plebea del cosiddetto mestiere più antico, che la donna avrebbe esercitato.
    La vicenda giudiziaria si conclude il 14 novembre 1924, con la condanna a venti anni di Carlo Ciavatti. Ne sconterà quattordici, per amnistia. Dopo, non tornerà più a Rimini.
    Antonio Montanari

    Archivio:
    1921. Chi uccise Luigi Platania?
    Rimini 1900, articoli de "il Ponte"



  • Ganganelli, il Papa nato 250 anni faProprio di recente abbiamo qui ricordato il conterraneo Papa Lorenzo Ganganelli, un francescano originario di Santarcangelo, a proposito della soppressione dell'ordine dei Gesuiti, avvenuta il 21 luglio 1773.
    Quest'anno si celebrano i 250 anni dalla nascita dello stesso Pontefice.
    Rimando ad un mio volume del 1992, "Lumi di Romagna", ristampato l'anno successivo, dove si parla parecchio di Ganganelli, ovvero di Clemente XIV.
    Antonio Montanari

    Foto IBC E-R.


  • Il 18 gennaio 1419 Papa Martino V pacifica il duca di Milano Filippo Maria Visconti con Pandolfo III Malatesti, concedendogli il dominio su Brescia «vita sua durante». Nel novembre 1419 Martino V esenta Pandolfo dal censo destinato alla Camera apostolica. L'anno successivo Pandolfo III rompe la tregua, ma assediato e stremato si arrende ricevendo in cambio 34 mila fiorini.
    Nel 1421 inutilmente Pandolfo e Carlo di Rimini, assieme al vescovo di questa città, supplicano Venezia di accogliere la donazione di Brescia ormai indifendibile dal Malatesti, e chiedono la concessione di un prestito di seimila ducati per assoldare a sostegno della loro causa addirittura quel Braccio di Montone che nel 1416 aveva fatto prigioniero Carlo di Rimini e Galeazzo di Pesaro.
    Il quindicesimo secolo vede Rimini ed i suoi signori, i Malatesti, alla ribalta dell'Europa._Papa Gregorio XII, eletto nel 1405, si rifugia a Rimini il 3 novembre 1408 mentre si prepara il concilio di Pisa e dopo che Carlo Malatesti (1368-1429), signore di Rimini, lo ha salvato da un tentativo di cattura. _La grande stagione malatestiana all'interno della vita della Chiesa comincia in questa occasione. Carlo poi a Pisa è mediatore fra Gregorio XII ed i padri conciliari.
    Mentre era capitano generale di Firenze, Malatesta I aveva avviato negoziati fra lo stesso Gregorio XII e l'antipapa Benedetto XIII (condottiero spietato, eletto nel 1394), entrambi deposti in contumacia a Pisa il 5 luglio 1409 e dichiarati «scismatici, eretici e notoriamente incorreggibili».
    Il loro posto, su iniziativa del cardinal Baldassarre Cossa, è preso il 20 giugno 1409 da Alessandro V (che scompare il 4 maggio 1410), detto «il papa greco» provenendo da Candia._Gli succede Giovanni XXIII (poi definito antipapa) il 17 maggio 1410. Il 28 giugno 1410 egli ricompensa Malatesta I dei danni subiti e delle spese fatte nei servizi ampi e fruttuosi prestati alla Chiesa durante il concilio di Pisa, «circa extirpationem detestabilis scismatis et consecutionem desideratissimae unionis». E gli attribuisce «vita durante» seimila fiorini all'anno, cifra significativa se paragonata ai 1.200 del censo.__
    Carlo Malatesti, pur avendo visto fallire la sua missione a Pisa con il rifiuto del trasferimento del concilio a Rimini, era tornato alla carica con un messaggio ai padri conciliari che però giunse quando essi erano già in conclave. Carlo interviene ancora presso i cardinali convenuti a Bologna per le esequie di Alessandro V.
    Al nuovo papa Giovanni XXIII (quel Baldassarre Cossa con cui era stato riappacificato dal fratello Pandolfo III), Carlo scrive da Venezia prospettandogli vari progetti per addivenire alla riunione della Chiesa, prima di muovergli guerra nell'aprile 1411 come rettore della Romagna per ordine di Gregorio XII e con l'aiuto di Pandolfo III, al fine di «reperire pacem et unionem Sactae Matris Ecclesiae».
    Malatesta I ha una figlia, Cleofe, che sposa Manuele II imperatore d'Oriente nel 1421 e muore nel 1433. Scrive Silvia Ronchey (2006): Cleofe fu «probabilmente assassinata, certamente travolta dal doppio gioco al quale era stata costretta fin dal suo arrivo a Bisanzio», cercando un impossibile equilibrio sul filo che collegava il papa ed il consorte.
    Antonio Montanari



    Fonte di questa pagina: Malatesti e l'Europa.