• Il mio 1943 è quello di un bambino di pochi mesi (sono nato alla fine dell'agosto precedente), che ne ha avuto contezza attraverso i racconti di famiglia.
    Diceva mia madre Maddalena Nozzoli che gentilmente a casa nostra, in Palazzo Lettimi, posto al centro della città a due passi dal Tempio di Sigismondo Malatesti, in quel gennaio arrivò la polizia politica a perquisire l'abitazione, in relazione all'arresto di suo fratello Guido, preso a Bologna, dove svolgeva servizio militare.
    L'imputazione era di attività sovversiva mediante la distribuzione di volantini intitolati "Non credere, non obbedire, non combattere". Aveva fatto la spia un amico o conoscente, di cui ho saputo soltanto che Guido una volta lo incontrò a Roma in un bar, lo guardò fisso in volto, e quello si mise a tremare rovesciandosi addosso il caffellatte che stava sorseggiando. Parole dello stesso Guido.
    (L'espressione "ho avuto contezza", era un modo tipico di esprimersi dello zio, non una stravaganza mia.)
    Tra i capi d'imputazione, oltre al reato di "attività politica contraria al regime", c'era pure quello di essere detentore di libri proibiti dal regime, come il "Tallone di ferro" di London o "La madre" di Gor'kij, libri che peraltro "venivano venduti anche sulle bancarelle". Lo raccontò lui stesso in una manifestazione intitolata "Autobiografia di una generazione", i cui atti con lo stesso titolo sono stati poi pubblicati a stampa (1983).
    Talora, quando compro qualche libro alquanto compromettente, come quelli un po' scottanti di Storia passata o recente, mi viene da pensare a quell'imputazione, al fatto che potremmo anche noi essere accusati di leggere testi non graditi al Potere politico.

    Fonte di questa pagina: un mio articolo del settimanale "il Ponte" (09.12.1990), ed il volume "I giorni dell'ira".

    Antonio Montanari
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  • Un altro Malatesti appare negli elenchi dei Vescovi italiani: si tratta di Antonio, vedovo e prelato di Cesena nel 1436, figlio di Nicolò Filippo di Ghiaggiolo, quarto nella discendenza di Paolo, che muore nel 1439. Aveva scelto di assumere l'abito clericale dopo la scomparsa della moglie, come leggiamo in "Caesena sacra" di Bernardinio Manzoni, Pisa 1643, I, p. 39.


    Antonio Montanari


  • Se Alessandro Malatesti, Vescovo di Forlì (1470), ha una genealogia alquanto confusa; più trasparente, pur nella sua sostanziale incertezza, è quella di Leale, dapprima Vescovo di Pesaro (1373) e poi di Rimini (1374-1400).

    Leale è un figlio "spurio" di Malatesta Antico e di una non meglio precisata Giovanna, il cui nome è fatto dallo stesso Leale nel proprio testamento.
    Si sa che Leale ebbe un fratello frate, come si legge in L. Tonini (IV, 1, p. 323).
    Fu legittimato da papa Urbano II il 5 febbraio 1363.

    Su Leale Malatesti, Vescovo di Pesaro (1373) e di Rimini (1374-1400), presentiamo altre notizie.
    Giuseppe Garampi, nelle “Memorie ecclesiastiche appartenenti all'istoria e al culto della B. Chiara di Rimini”, Roma 1755 (pp. 523-524), ricorda, a proposto del Nostro, che "non occorre più dubitare, ch’egli nascesse da questa insigne famiglia, dacché il Zabarella, che visse poco dopo, ci assicura esser egli stato de domo Magnifica de Malatestis (Consilior. num 131). Fu egli pertanto figliuol naturale di Malatesta de’ Malatesti, e legittimato da Urbano V nell’A. 1363". [Reg. de Curia an. I ep. 68].
    Lo Zabarella di cui parla Garampi, è un personaggio di rilievo nella storia della Chiesa. Nato nel 1360 a Piove di Sacco, morì nel 1417 a Costanza, durante quel famoso Concilio a cui partecipò pure Carlo Malatesti.
    Su Carlo altrove (vedi Rimini.Europa) abbiamo già annotato che, sia al Concilio di Pisa sia a quello di Costanza, s'impone come mediatore fermo ma aperto alle altrui ragioni, oltre che sottile analista e dotto polemista.
    Zabarella, Vescovo di Firenze nel 1410, l’anno dopo è nominato Cardinale. Il testo suo da cui cita Garampi, è il celebre “Consilia” edito a Venezia nel 1581.
    Qui nel cap. XXXI troviamo quanto riportato da Garampi, ovvero quel "de domo Magnifica de Malatestis" (p. 126v).

    Nella recente "Storia della Chiesa Riminese" (II, pp. 432-433) Enrico Angiolini definisce Leale il "caratteristico cadetto avviato alla carriera ecclesiastica", mentre per Bartolomeo (Vescovo di Rimini, 1445) non esclude "il classico ruolo di figlio naturale legittimato ed avviato alla carriera ecclesiastica".

    Le vicende dei tre Malatesti fin qui riassunte, hanno un punto in comune: testimoniano gli stretti legami fra i Signori della Politica ed il potere della Chiesa, aldilà delle dispute dinastiche o territoriali. Il che configura l'immagine di una vita religiosa attenta, molto se non troppo, alle questioni terrene, pratiche, economiche, di gestione del "particulare" piuttosto che dell'universale evangelico.

    Antonio Montanari


  • Nel celebre testo di F. Ughelli, "Italia Sacra sive de Episcopis Italiae" (tomo II, ed. II, Coleti, Venezia 1717) a col. 949 troviamo l'elenco dei tre prelati che recano il cognome Malatesti: Alessandro, Bartolomeo e Leale (nella doppia sede di Rimini e Pesaro).
    Di Bartolomeo abbiamo già trattato a parte.
    Qui parliamo di Alessandro.

    L'Alessandro Malatesti Vescovo forlivese (1470) di cui si legge in Ughelli, col. 624, è detto "filius Nanni de Malatestijs".
    Nato nel 1440, egli è altrove chiamato Alessandro Numai, parlandosi della forlivese chiesa di San Pellegrino e del monumento sepolcrale (a destra in principio della navata), fatto erigere nel 1502 da Luffo Numai per sé e la moglie Caterina Hieronima Paulucci: a sinistra dell'arco "è scolpito uno stemma episcopale con le iniziali AL[exander] NV[mai] (E. Calzini-G. Mazzatinti, "Guida di Forlì", 1893, p. 59).

    Ughelli precisa che il volgo aveva creduto che fosse figlio di Gugliemo Numai, e che la madre Elisa soltanto in punto di morte dichiarò la vera paternità, appunto questo "Nanni".
    Le “Memorie dei Filergiti” (di Giorgio Viviani Marchesi Buonaccorsi, Barbiani, Forlì 1741, p. 51) chiamano Agnese di Cecco dall'Aste la madre e Guglielmo il padre.
    Altrove, si legge di Agnese figlia di Cecco che è presunta moglie di Guglielmo Numai (cfr. A. Calandrini-G. Michele Fusconi, Forlì e i suoi vescovi: appunti e documentazione per una storia della chiesa di Forlì, Ravennatensia, II, 1985, p. 1019, dove si rinvia alle pp. 667-668).
    Restando a quel "filius Nanni de Malatestis", si può ipotizzare che suo padre sia Giovanni (da cui appunto "Nanni") di Ramberto Malatesti, famoso nelle vicende riminesi per la sedizione del 1431 contro Galeotto Roberto (L. Tonini, V, I, Rimini 1884, pp. 84-segg.).
    Contatti e scontri tra Rimini e Forlì sono all'ordine del giorno, in quel giro d'anni. Nel maggio 1439 Novello e Sigismondo Malatesti sono impegnati per conquistare Forlì, prima della tregua con gli Ordelaffi. I Numai sono famiglia considerata sempre fedele agli Ordelaffi medesimi.
    Un Sinibaldo Ordelaffi (scomparso nel 1386) aveva sposato la tredicenne Paola Bianca Malatesti figlia di Pandolfo II.
    Alla corte dell'Ordelaffi si segnala la presenza di don Giacomo Numai priore di quell'Ospedale.

    Pino de' Numagli da Forlì, conte e dottore in leggi, nel 1501-1502 è podestà di Rimini.
    Pino è nipote di Guglielmo, e figlio di Luffo che nel 1491 è segretario dei principi di Forlì e che aveva comprata casa in Rimini nella contrada di Santa Innocenza.
    Nei documenti dello Zanotti si legge "Pino de Numais".
    Queste notizie su Pino Numagli o Numai sono tratte dal sesto volume, parte II, della "Storia di Rimini" di Luigi Tonini, compilato dal figlio Carlo Tonini, pp. 100-101.

    Il nostro Vescovo Alessandro aveva dunque natali più illustri di quelli attribuitigli dalla madre? La quale, secondo quanto leggiamo, rivendicava la paternità del figlio a persona di nessun conto: Alessandro Numai (e quindi non Malatesti), leggiamo in Simona Cantelmi (DBI, 78, 2013), sarebbe stato figlio naturale di Guglielmo e di Elisa della Valle, la quale per altro l'11 ottobre 1478 in articulo mortis dichiarò che Alessandro era figlio suo e del marito, il mulattiere Nanne Bartoli.
    Cantelmi rimanda ai citt. Calandrini e Fusconi, per un altro loro testo ("Forlì e i suoi vescovi. Appunti e documentazione per una storia della Chiesa di Forlì. Il secolo XV", Ravennatensia, V, 1993, p. 667).
    Quindi quel Nanne mulattiere costringerebbe a cancellare la ricerca di un Nanni (Giovanni) Malatesti quale padre del vescovo Alessandro.
    Antonio Montanari


  • 1397. Frate Bernardino Manzoni, Inquisitore Pisano (ma soprattutto bibliotecario della Malatestiana di Cesena tra 1625 e 1626, come segnalato da A. Domeniconi [1963] e P. Errani [2009]), nel suo "Caesena Sacra" (Pisa 1643, I, p. 72) ricorda che nel 1397 Bartolomeo Malatesti, "Pandulphi Malateste Soliani Comitis [...] germanus frater" ed "ordinis Minorum Conventualium professus", è consacrato vescovo di Dragonaria (su questo dato, vedi la pagina "Enigmi").
    Di Pandolfo Malatesti, fratello di Bartolomeo, si precisa che "anno 1391 Patricius, Consiliarusque Caesenaticenis Urbis erat".
    Dal 4 gennaio 1391 i fratelli "Carlo Pandolfo Malatesta e Galeotto di Galeotto Malatesti" sono vicari di Cesena (Mazzatini, p. 325).
    Quindi Bartolomeo Malatesti è pure lui figlio di Galeotto I (+1385), nato da Pandolfo I, figlio di Malatesta da Verucchio.



    Sulla genealogia del vescovo Bartolomeo nulla scrivono Clementini ("Non ho trovato a chi fosse figliolo […] né donde discenda", II, p. 340) e L. Tonini ("pressoché ignoto", V, l, pp. 617-618).

    Il testo appena indicato come "Mazzatini, p. 325", è un documento pubblicato sempre in maniera erronea. Esso è contenuto nel volume di G. Mazzatinti "Gli archivi della storia d'Italia, I e II", apparso presso la casa editrice Licinio Cappelli di Rocca San Casciano nel 1897-1898 (nuova edizione presso Georg Olms Verlag, Hildesheim1988).
    Si tratta di un documento proveniente da Roma, come alla p. 322 dello stesso volume si precisa, riportando un brano del prof. Giuseppe Castellani che qui riproduciamo: "Mons. Gaetano Marini, profittando della carica di Prefetto degli Archivi apostolici del Vaticano, arricchì l'Archivio Comunale di Santarcangelo di Romagna, sua patria, della copia di una serie numerosissima di documenti, la maggior parte inediti, che si riferiscono alta storia del Comune di s. Arcangelo, o de' suoi cittadini, o delle terre e castelli che facevano parte del suo Vicariato".
    In esso si trova la data del 4 gennaio 1391 per il rinnovo dei vicariati da parte di Bonifacio IX ai figli di Galeotto I. Tale data è sempre apparsa come 3 gennaio.

    Sulla cit. da G. Castellani, si veda il suo "Il duca Valentino. Due documenti inediti", in "Atti e Mem. della R. Deput. di Storia patria per le prov. di Romagna", serie III, XIV (1896), pp. 76-79. La cit. è presa da p. 76.

    Il nome di Bartolomeo Malatesti è richiamato in un'opera di Poggio Bracciolini, "Contra hypocritas" (apparsa nel 1449), nel cui finale troviamo un'invettiva violenta diretta appunto al vescovo di Rimini, citando la sua morte recente.
    Bartolomeo scompare il 5 giugno 1448, per cui gli studiosi datano il testo di Bracciolini a qualche mese dopo.
    Bartolomeo è accusato di aver introdotto ridicole innovazioni nella cancelleria: cfr. Ernst Walser, "Poggius Florentinus Leben und Werke", Leipzig 1914, nota 1, p. 244.
    Qui si ricorda una lettera di Poggio diretta al veneziano Pietro Tommasi l'11 novembre 1447, in cui troviamo: "Nunc adversus ypocritas calamum sumpsi ad exagitandam eiusmodi hominum perversitatem".
    Tommasi è figura celebre per i suoi studi medici e letterari: cfr. F. M. Colle, "Storia scientifico-letteraria dello Studio di Padova", III, Tipografia della Minerva, Padova 1825, p. 232.
    Scrive Maria Luisa Gengaro che l'attacco a Bartolomeo Malatesti è dovuto al fatto che il vescovo aveva limitato lo stipendio di Poggio, allora presente alla corte di Rimini (cfr. p. 155 di "Paideia", 2-3, 1947).
    In numerose altre fonti bibliografiche si citano i rapporti burrascosi tra Poggio e Bartolomeo Malatesti (cfr. ad esempio i "Saggi sull'Umanesimo" di S. F. Di Zenzo, 1967, p. 29).