• Migrante, la penna è uno specchio

    Il racconto per scoprire la nuova vita

    Mirtha è a Rimini con il marito. Sua figlia, appena laureata, si trova a casa in Argentina, e sta per sposarsi. Mirtha non può tornare da lei per la cerimonia delle nozze. Da Roma un nipote (Rubens) le telefona: anche lui non può partire, per impegni di lavoro. Mirtha prenota a Rimini in fretta l'ultimo posto disponibile per un volo. Rubens fa la stessa cosa a Roma, poi avvisa la zia. Mirtha perde la metà della spesa, rinunciando al viaggio fissato da lei.
    Arriva in patria, ecco le nozze. "Cerimonia emozionante". Un "Grazie alla vita!" chiude il suo breve racconto. Lo leggiamo in un volumetto, "L'ospitalità della scrittura" (Teuth, 12 euro), curato da Maria Annunziata Tentoni, psicoterapeuta, come raccolta degli atti del convegno "Verso di sé" (2008), dedicato a scrittura autobiografica e donne migranti, a cura dell'Istituto Scienze dell'Uomo, con collaborazione del Museo degli Sguardi al Covignano.
    Tentoni spiega con grande chiarezza un tema complesso. Osserva: "Ci ha mosso un desiderio di incontro. Un'esperienza civile". Per combattere il razzismo ed avviare un dialogo tra le culture. Lo strumento usato è stata l'autobiografia, per far acquisire alle migranti consapevolezza della propria storia, e senso dell'esperienza in atto.
    Alcune partecipanti al laboratorio, spiega Tentoni, per scrivere di sé hanno recuperato legami e ricordi, arrivando alla fine ad un "sentimento di orgoglio" per la loro esistenza, sbattuta ed avvilita da mille difficoltà: "Il nuovo racconto vuol chiudere con il passato, prendere le distanze per cominciare una nuova vita". Sul laboratorio ed i suoi contenuti, intervengono Fulvia Gemmani e Francesca Castellani che allegano una ricca ed utile bibliografia.
    Se per una migrante come Mirtha il legame con la famiglia lontana vale la perdita di mezzo biglietto aereo, a noi che li avviciniamo, il loro arrivo può essere occasione per allargare gli orizzonti mentali. Circa una trentina di anni fa arrivarono al "Valturio" i primi studenti nigeriani. Ritrovai uno di loro molto tempo dopo, quando al Museo della Città presentammo un libro di Roberta Sangiorgi. Aveva famiglia e lavoro. Non riusciva però ad ottenere la cittadinanza italiana. Allora aveva contro soltanto la burocrazia.
    Antonio Montanari

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