• Quel Crocefisso sepolto in Gambalunga
    in tempo di guerra

    "Presenti il Prof. Carlo Lucchesi, Direttore della Biblioteca Civica Gambalunga, il Prof. Gino Ravaioli, R(egio) Ispettore on.(orario) ai monumenti, il Geom. Cesare Mengozzi, assistente presso la civica biblioteca, Mussoni Luigi inserviente della stessa e i muratori Lunedei Cesare e Paci Dino che hanno eseguito il lavoro, si è proceduto al recupero del Crocifisso d’oro della maniera di Benvenuto Cellini."
    E’ il 21 agosto del ’45, la guerra è terminata da alcuni mesi e Carlo Lucchesi, direttore della Biblioteca Civica Gambalunga, ritiene, dopo il dramma del passaggio del fronte e i 382 bombardamenti che hanno devastato la città, sia venuto il momento di recuperare uno dei reperti più preziosi della storia di Rimini, quel Crocifisso d’oro attribuito a Benvenuto Cellini donato al Comune di Rimini dal cardinale Michelangelo Tonti dopo la sua elezione a Vescovo di Cesena il 27 marzo 1612.
    Un bene preziosissimo che "il Prof. Lucchesi nell’ottobre del 1943 – si legge nel verbale che attestava il recupero depositato negli archivi della Biblioteca Civica Gambalunga sottoscritto dai sei presenti – aveva sotterrato in un angolo del cortiletto della biblioteca suddetta, diligentemente racchiuso in una cassetta di zinco saldata con fiamma autogena".

    Così leggiamo in un comunicato dell’Ufficio Stampa del Comune di Rimini che prosegue nella parte che riproduciamo qui sotto.

    E’ una delle tante storie che a 400 anni dalla sua nascita la Biblioteca Civica Gambalunga, la prima biblioteca pubblica d’Italia, conserva tra il proprio patrimonio di conoscenza insieme a tanta parte della storia cittadina.
    Nella storia del "Cristo d’Oro" compare anche l’esistenza di una traccia, probabilmente una piantina, nascosta tra gli archivi della biblioteca che Lucchesi tracciò per far sì che in qualsiasi caso, in qualunque frangente rimanesse una traccia che consentisse di recuperare il prezioso crocifisso dopo averlo nascosto in un punto segretissimo e inaccessibile del Palazzo Gambalunga: "Solo ne lasciai cenno, per umana prudenza, negli atti della Biblioteca". Un accorgimento che oggi può far sorridere ma che letto con gli occhi d’allora, non dovette apparire assolutamente superfluo, anzi. Rimini dal novembre 1943 al settembre ’44 fu sottoposta a 396 bombardamenti aerei, navali, terrestri, il primo dei quali il 1° novembre del ’43 a solo poche settimane dall’avventuroso sotterfugio. Le bombe furono impietose, ben poco della città fu risparmiato e tra questi, fortunatamente, il Palazzo Gambalunga e quella parte del suo patrimonio inestimabile che non era stata portata al sicuro, a Covignano prima e a Torricella poi. Una fortuna immensa se si pensa alla sorte che toccò alla seminario vescovile, solo dall’altra parte di via Tempio malatestiano che lo stesso Alessandro Gambalunga racconta nel suo testamento di vedere dalle stanze da basso della "sua" biblioteca "che sono dirimpetto all’habitazione del Seminario."

    Fu il Commissario Prefettizio Bianchini – racconta Lucchesi rispondendo formalmente al Sindaco Arturo Clari che subito all’indomani della Liberazione, nel dicembre del ’44, chiedeva conto del crocifisso – che, quando la Cassa di Risparmio avvertì il Comune che declinava ogni responsabilità inerente al deposito, "volle affidare personalmente a me il prezioso oggetto affinché cercassi in ogni maniera di salvarlo; e io, chiusolo in una scatola di zinco ermeticamente sigillata con saldatura autogena, lo collocai in un punto segretissimo ed inaccessibile del palazzo Gambalunga, che è rimasto inviolato."

    Un punto segretissimo che Lucchesi condivise prudentemente, oltre con il segno nascosto nell’archivio, con il solo Augusto Campana "col vincolo dell’assoluto segreto". Scelse così di "sotterrarlo in un cortiletto interno a Palazzo Gambalunga che serve da ripostiglio per i rifiuti della Biblioteca." E continua – "Fingendo pertanto di dover esplorare le fondamenta del palazzo e usando molteplici accorgimenti, condussi il lavoro in modo che né i muratori da me adibiti, né gli impiegati stessi della Biblioteca seppero o sospettarono mai la realtà della cosa."






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